Ti ricordi che nel 2012 girava insistentemente la voce sulla presunta profezia maya secondo la quale Il 21 dicembre si sarebbe dovuto verificare un evento di natura imprecisata, capace di provocare la fine del mondo o comunque una mega trasformazione dell'umanità? Ecco, per me un po’ è stato così.
Il torrido 17 luglio di quell’anno si tasformò improvvisamente nel profetico 21 dicembre quando il fidanzato dell’epoca decise di punto in bianco di mollarmi e lo fece in cinque minuti con una modalità non esattamente clemente. Il mio mondo finì e fui inghiottita da un buco nero.
Una catastrofe tipo asteroide e dinosauri, ‘na robetta così.
Ma meno male che è finito solo il mondo come lo conoscevo allora e non tutto il resto! E pure l’umanità intera, a quanto pare, si è salvata.
Pochi giorni dopo il fattaccio, partii per un viaggio in Cina, avvolta da un sudario nero e con tanti sassi nello zaino. Chiunque si avvicinava, si doveva sorbire la storia della mia disgrazia e offrirmi un fazzoletto per asciugarmi le lacrime.
Se ci penso adesso, fortunatamente, rido!
D’altronde non mi aveva mai mollato nessuno fino a trentadue anni e in qualche modo dovevo pagare: la ruota gira per tutti.
Ero così a pezzi che una notte, in un ostello a Kunming nella regione dello Yunnan ai confini con Tibet, mi venne una voglia improvvisa di consultare un indovino che mi dicesse che fine avrei fatto. Tanto, peggio di così…
Premessa: fino a quel momento ero stata un’irriducibile illuminista, evitavo tutto quello che non potevo vedere/toccare o che non fosse riconducibile a una formula scientifica.
Ma il buco nero di cui sopra aveva spazzato via in un attimo tutta quella impalcatura di sicurissime certezze: se quella che credevo essere la storia d’amore della mia vita era finita in quel modo becero, forse era tutto da mettere in discussione: era la terra a girare intorno al sole o viceversa? Non lo sapevo più.
Quindi, obbedendo alla voglia improvvisa di indovino e di irrazionale, andai a cercarne uno, ma nessuno di quelli col banchetto nel parco aveva una faccia affidabile e poi non ero sicura di riuscire ad interpretarne il responso.
Tornai in ostello con la coda fra le gambe, pensando che appena tornata in Italia avrei chiesto a un’amica il numero della sua cartomante di fiducia.
Il mattino successivo mi svegliai prestissimo e incontrai un ragazzo italiano di Livorno, che stava facendo il check-in. Visto che i connazionali in quell’angolo remoto di mondo erano più unici che rari, mi incuriosii e lo invitai a fare colazione con me. Era un dottorando in farmacia, venuto a Kunming per fare un colloquio in un’università per un assegno di ricerca. Illuminista pure lui, mi dissi, almeno sulla carta.
Dopo aver scoperto che parlavo cinese, mi chiese se potevo accompagnarlo in un parco per aiutarlo a consultare un indovino perché, mi confessò, era quello il mestiere che voleva fare da grande. Intanto tirò fuori un mazzo di Tarocchi di Marsiglia dal taschino e mi chiese se avevo mai provato a interrogare le carte. Sbaaaam.
Fu così che per la prima volta sperimentai sulla mia pelle il potere terapeutico delle carte, che mi aiutarono a mettere la vicenda in prospettiva e a vedere le cose da un punto di vista più ampio e soprattutto meno tragico. Il buco nero ci mise ancora un po’ di tempo a chiudersi, ma i tarocchi contribuirono a dare il via al processo di guarigione.
Nella mia Nuova Era, questo è stato solo il primo episodio di una lunga serie che mi ha fatto capire che i tarocchi sono uno strumento utilissimo di auto-analisi e che il caso, signori e signore, non esiste.
Tornata dalla Cina, cominciai a fare corsi e a studiare le carte, perché l’illuminista che da qualche parte continuava (e continua tuttora) a vivere in me voleva capire quale fosse il meccanismo che le faceva funzionare in maniera così precisa. E poi ne sono successe di ogni.
Ma questa è un’altra storia.
P.S. Approfitto di questo post per chiedere pubblicamente scusa alla Grande Muraglia: eretta per proteggere la Cina dai barbari, nell’agosto del 2012 si è vista calpestata proprio da uno di questi. Segue testimonianza fotografica.
Credits: tutte le foto che vedete in questo post le ha fatte Sara Viglione.